DI ALESSANDRO VOLPE*
È effettivamente difficile individuare un termine più adatto a descrivere la risposta di governi e cittadini di fronte a una crisi che ha messo a nudo la loro originaria vulnerabilità.
Non è un caso che il padre della sociologia Émile Durkheim, già a fine Ottocento, indicasse la solidarietà come l’unico collante possibile in una realtà sociale in cui gli individui sono tra loro sempre più interdipendenti e dunque più esposti al rischio.
La stessa categoria del contagio sembra essere quella più efficace per spiegare oggi la natura del rischio, altra faccia del vantaggio dell’interconnessione: dai contagi finanziari a quelli virali, passando per la rapida propagazione dei disastri ambientali.
In questo scenario, ogni presunzione di autosufficienza (e indifferenza), da parte di singoli Stati e cittadini, non può che risultare uno dei tanti miti del nostro tempo. Così, la pandemia ha messo letteralmente alla prova il significato stesso della solidarietà, rivelandone i caratteri più peculiari.